NOI CONFINIAMO COL FUOCO

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  • Senza titolo I, blu

    Prima che tutto il mondo sbarchi

    su questo atomo di luce,

    le profezie che mi procuravi erano

    inadatte come i pronunciamenti della sibilla.

    Exen, exen, la sortie è in una lingua

    sconosciuta ma le sillabe sono ancora più belle

    se la mattina preannuncia il respiro corto dell’estate.

    Dietro una nuvola blu di fumo

    i tuoi baci

    tolgono spessore alle pareti,

    sono cominciamenti. Potrebbe darsi

    che, posto com’ero alle tue spalle, fosse

    la ricca superficie dei tuoi occhi allo

    specchio il termine obliquo del mio riflesso?

    Domani mi è rimasto come un movimento perfetto,

    ti sogno ancora la notte

    ma non conta,

    è sufficiente un attimo di distrazione

    per recuperare la cadenza della tua nuca

    come il susseguirsi silenzioso, e altro,

    dei nomi al Père Lachaise.

    21 giugno 2025

  • Sull’acqua

    Le voci degli altri mi arrivano come

    le ferite delle ombre che tagliano

    la terra in un mezzogiorno di luglio;

    tracciano geometrie definitive

    per l’attimo della visione e producono aspetti crudeli

    in cui nulla è suggerito ma tutto indicato,

    come la forma delle cose che malgrado loro esistono.

    Come poter restare quando Gaulthier

    cerca le sue matite per disegnarmi e impreca non trovandole

    (mi mostra i suoi schizzi, dei ritratti in absentia),

    o quando fuori dalla discoteca sul Périphérique

    una ragazza si avvicina

    je n’aurais jamais osé te le dire, tu es trop beau,

    e poi partendo con gli amici verso un’altra notte

    don’t forget you’re a rockstar

    dice –

    I chirurghi sostengono che una ferita

    emani luce propria; una speculazione pericolosa

    ma piena di fascino,

    perché l’anima è piccola e ciò che dice io

    non è né questo né quello,

    mi sembra di saperlo come l’istante di movimento

    in cui un pesce finito nelle reti a strascico di un peschereccio

    sprizza via divincolandosi, ancora prigioniero già libero

    e il mare è profondo e blu

    e mi pesa sulla testa come una gioia troppo grande per vivere.

    25 Maggio 2025

  • Rue du Faubourg Saint-Denis

    Sprizzava acqua da un condotto guasto

    in rue du Faubourg Saint-Denis questo pomeriggio,

    copriva qualche metro

    e finiva in un tombino con schianto metallico da fanfara

    di altri canali e tubature amate

    per perdere forma mille volte

    e conservare il tinnito sorgivo a ogni membrana,

    a ogni svolgersi cauto e accidentale

    di curve e inganni ben congegnati.

    s’il m’aime . . .

    O un desiderio assurdo di prodursi

    musicalmente suddividendo i fasci,

    una macchina – felice disunione –

    per i segreti dell’asfalto; sentieri stretti

    che volgono verso il centro della terra,

    una stella nera strappata a nessun cielo,

    un firmamento cieco dove l’acqua brama

    ricongiungersi ed evaporare insieme.

    12 aprile 2025

  • Vedessi G. ancora una volta

    Vedessi G. ancora una volta, nel bar

    dove ci siamo conosciuti,

    io lo amerei ancora come l’ho amato

    la prima volta;

    mi lascerei ancora persuadere

    dai suoi occhi di civetta color nocciola,

    dal naso che è come il becco di un uccello rapace,

    dai suoi ricci modellati con la dolcezza infinita degli dei;

    i suoi contorni lunghi e stretti sarebbero ancora quelli

    di un castagno, –

    una volta dopo il sesso annusandolo gli dissi

    che sapeva di terra, di sottobosco e lui mi rispose che

    l’autunno era la sua stagione preferita;

    c’è un posto di lui che lui

    non ha mai visto, gli bacio dove le linee del collo

    irradiano splendide alla spalla e alla schiena,

    è umido di rugiada, la sua pelle un terreno muschiato

    dove mi piace camminare a piccoli passi, sentire le foglie

    scricchiolare

    sotto i miei piedi.

    Ma non fraintendetemi, questa parola amore

    non è che desiderio elevato a potenza;

    un cantiere alto sul mare in Sicilia, qualche estate fa;

    tutte le mattine mi svegliavo

    per guardare all’alba un operaio mettersi al lavoro.

    Non vidi mai il suo viso,

    ma un orecchino mandava segnali luminosi come un vetro

    perso in una via; i suoi pantaloncini blu, il suo petto nudo al sole.

                    Rivedo la sua sagoma sottile

    nel cemento, i movimenti leggeri e senza peso

    del suo corpo alto sul mare.

    24 marzo 2025

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